Madonna col Bambino

La Madonna col Bambino di Citerna, oggi visibile nella Chiesa di San Michele Arcangelo e in particolare sopra il secondo altare nella parete sinistra della navata, è stata oggetto di un vasto e articolato lavoro di ricerca con l’intento di collocare il gruppo scultoreo all’interno di una precisa datazione; la volontà di intraprendere una simile indagine, emersa già durante il primo sopralluogo a Citerna, ha trovato fondamento nell’osservazione delle evidenti incongruenze che riguardavano la catalogazione dell’opera. Tale complesso scultoreo infatti, nonostante rivelasse una indiscutibile conoscenza da parte dell’artista dei particolari anatomici e delle espressioni stilistiche della posa nel suo perfetto equilibrio statico, veniva descritta nella targhetta didascalica a lato dell’altare che la ospitava come “opera popolare di scarso valore”. Il prodotto di questa ricerca è un’ipotesi attributiva che colloca l’opera in una precisa posizione storica, fra gli anni venti e trenta del Cinquecento, e geografica, ascrivendo il manufatto alla produzione della bottega robbiana di via Guelfa, probabilmente a Luca Della Robbia detto “Il Giovane” (Firenze 1475- Parigi 1548).

In tal senso hanno giocato un ruolo fondamentale i risultati delle indagini chimiche: la risposta più eclatante è data dalla presenza di arsenico, associato a nichel e cobalto, nello smalto blu della Vergine, il quale costituisce la riprova scientifica dell’attribuzione alla produzione robbiana dagli anni ‘20 ai ‘30 del Cinquecento, finora basata esclusivamente su assonanze stilistiche. La tecnologia di produzione e l’accuratezza nelle fasi di svuotamento e cottura, così come la compattezza dello smalto, caratterizzato peraltro da un’alta percentuale di piombo nella composizione del bianco, sono caratteristiche connotative di una bottega di livello come quella dei Della Robbia, specializzata da un secolo nell’esecuzione delle invetriature. La Vergine con Bambino di Citerna è un’opera armoniosa nelle forme e salda nell’impianto. La Vergine, bellissima nella maturità dei suoi anni, sorregge con compostezza il piccolo Gesù che sembra quasi volersi liberare dal seno materno per protendersi verso lo spettatore.

Le dita della mano sinistra indicano, in un gesto simbolico, le origini celesti di Gesù, figlio di Dio, “Uno e Trino”. Maria è stabile, con la gamba destra leggermente piegata, alla maniera classica, per spostare il peso sulla parte sinistra e sostenere il figlioletto sull’anca. Le rotondità dei suoi fianchi non ricordano più le esili figure del Quattrocento e sembrano non essere estranee ad una maggiore comprensione dell’anatomia e dell’arte antica. L’equilibrio è inalterabile, si direbbe figlia del Classicismo fiorentino: la Vergine rispecchia una ricerca di misurata proporzione tra forma composta e contenuta dolcezza di sentimento, come certe opere di artisti fiorentini dell’alto Cinquecento, quali furono Fra’ Bartolomeo, Raffaello e poco più tardi Andrea Del Sarto, mediatori tra la poetica luministica leonardesca e la prorompente plasticità di Michelangelo. Per quanto riguarda la tecnica d’esecuzione, il colore del biscotto, la foggiatura, le caratteristiche dell’invetriatura e l’attenzione al modellato e alla decorazione a freddo (affiorata in corso di restauro), l’opera sembra poter essere figlia della bottega robbiana di via Guelfa. Se la si osserva accanto ad opere robbiane databili nei primi vent’anni del Cinquecento, appaiono lampanti certe similitudini stilistiche, in maniera particolare si apprezza la vicinanza con un’opera di Luca Della Robbia “Il Giovane” eseguita intorno al 1515: la Pala con la Madonna ed il Bambino seduta in trono tra san Jacopo Minore e San Filippo, conservata nella chiesa di San Mauro a Signa, nei pressi di Firenze. Anche il piccolo Gesù, sia nell’espressione dal vago sorriso, che nelle proporzioni e nell’acconciatura, corrisponde alla tipologia di angioletti, putti e bimbi che costellano le opere di Andrea o dello stesso Raffaello. D’altra parte, il riferimento a modelli pittorici coevi, non era certo nuovo in questo giro di anni, nella bottega di via Guelfa. Nella Madonna con Bambino e San Giovannino attribuita a Girolamo Della Robbia, ora conservata alla Biblioteca Nazionale di Firenze, è riproposta, in maniera lampante, La bella Giardiniera di Raffaello.

Alla luce di queste considerazioni, i risultati delle nostre ricerche confluiscono nella conferma della nostra ipotesi iniziale, ossia che questa Madonna sia frutto della manodopera fiorentina del primo quarto del XVI secolo, posteriore al 1520, e che l’autore della Madonna con Bambino di Citerna possa essere un membro della famiglia Della Robbia ancora attivo dopo il 1520: con probabilità uno dei figli di Andrea e presumibilmente Luca il Giovane1. Di fatto, questa è la prima ed unica datazione documentabile che sia mai stata effettuata su questa scultura.